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Biometano: Come Chiudere Il Ciclo Dei Rifiuti Organici

Il biometano può giocare un ruolo di primo piano nella strategia energetica dell’Italia, contribuendo alla decarbonizzazione e alla riduzione delle emissioni inquinanti in tutti i settori – trasporti, generazione elettrica e residenziale – e diminuendo la dipendenza del Paese dalle importazioni di gas naturale dall’estero.

A questi benefici si aggiunge un ulteriore vantaggio, forse ancora più rilevante: permettendo il recupero di materia ed energia dai rifiuti organici, la produzione di biometano rappresenta un passaggio fondamentale nella corretta gestione dei rifiuti in ottica di economia circolare, disciplinata dal relativo pacchetto legislativo pubblicato quest’anno dall’Unione Europea. Tuttavia, diversi ostacoli normativi e soprattutto sociali ne stanno di fatto frenando lo sviluppo in Italia.

Cosa è il biometano

Il biometano è gas naturale rinnovabile ottenuto della purificazione (processo che in gergo tecnico viene chiamato upgrading) del biogas ricavato dalla valorizzazione di prodotti e sottoprodotti della filiera agricola, agroindustriale e della Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani (FORSU) raccolti con la differenziata.

Il biogas è una miscela di metano (50-75%), anidride carbonica (25-45%), idrogeno e altri elementi. Il biometano risultante dalla fase di upgrading è composto da almeno il  95% di metano ed è quindi perfettamente assimilabile al gas naturale: può essere trasportato utilizzando le reti esistenti e sfruttato per produrre energia elettrica e calore (sia in utenze domestiche sia industriali) e come carburante per l’autotrazione.

Le prospettive di sviluppo in Italia

Il biometano ha conosciuto un notevole sviluppo a partire dal 2012 nel Nord Europa, mentre in Italia a fine 2017 si contavano solo 7 impianti . Tuttavia, le prospettive di crescita per il settore nazionale sono ottime: il potenziale di sviluppo del biometano individuato nella Strategia Energetica Nazionale è di 8 mld di m³ al 2030, ma esistono stime anche maggiori.

Ad esempio, il Consorzio Italiano Biogas stima che la produzione di biometano possa raggiungere in Italia i 10 mld di m³ al 2030 (di cui 0,8 mld da FORSU), pari a oltre il 13% del consumo di gas naturale nel 2017 e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale. Si tratterebbe di un contributo importante, considerando che l’Italia oggi importa il 90% del gas naturale che consuma, principalmente da Russia e Algeria.

Il quadro normativo

La filiera del biometano in Italia attende il decollo dal 2011, quando il D.Lgs. n. 28/2011, recependo la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle fonti rinnovabili, ne ha fissato i principi per l’incentivazione. Quando, con due anni di ritardo, è stato pubblicato il DM 5 dicembre 2013 per l’incentivazione del biometano, in realtà sono stati introdotti solo i principi di carattere generale.

Per completare il quadro normativo sono stati necessari ancora cinque anni e la pubblicazione del DM 2 marzo 2018, che ha introdotto un incentivo esplicito per l’utilizzo del biometano in autotrazione. Il provvedimento risulterà determinante per raggiungere l’obiettivo europeo del 10% di rinnovabili nei trasporti al 2020, favorendo la sostituzione di costosi biocarburanti di importazione con biometano prodotto sul territorio nazionale.

Gli ostacoli da superare

A parte gli ultimi affinamenti della normazione tecnica in materia, i principali ostacoli alla diffusione degli impianti di biometano sono di carattere sociale. Nei territori interessati da un nuovo progetto spesso si forma un movimento di opposizione che coinvolge non solo i cittadini tramite comitati costituiti ad hoc, ma anche associazioni ambientaliste, partiti politici e amministrazione pubblica.

In alcuni casi la contestazione non è necessariamente accompagnata alla contrarietà all’impianto in sé: gli oppositori infatti non mettono in dubbio l’utilità dell’opera contestata quanto piuttosto la sua localizzazione,  non analizzando nel profondo le ragioni di un’opera e i benefici a lungo termine. Questo atteggiamento viene generalmente etichettato come sindrome NIMBY (Not In My Back Yard).

Spesso le proteste montano perché i soggetti non hanno le giuste informazioni sul progetto e sulla tecnologia utilizzata, a causa di una comunicazione fuorviata da fake news. E’ quindi importante che i soggetti pubblici e privati impegnati nella realizzazione di un impianto adottino da subito un modello di dialogo e coinvolgimento del territorio fondato sull’ascolto delle istanze e su una comunicazione proattiva e trasparente.

Affinché l’Italia possa mettere a frutto il potenziale del gas rinnovabile, è fondamentale che tutti – cittadini, imprese, istituzioni – abbiano chiari i vantaggi ambientali ed economici di chiudere il ciclo dei rifiuti organici con la produzione di biometano.

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