skip to Main Content
Una Timida Ambizione Che Va Convertita In Azioni Concrete

La proposta di Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), terzo documento di indirizzo strategico in materia pubblicato in 5 anni, è stato inviato dal Governo italiano alla Commissione europea entro i termini previsti. Il Piano, che definisce le traiettorie nazionali per il raggiungimento degli obiettivi europei al 2030 e le misure per rispettarle, è ispirato da una timida ambizione.

Rispetto alla Strategia Energetica Nazionale (SEN) del 2017 poco infatti è cambiato in termini di obiettivi di sviluppo delle energie rinnovabili (dal 28% sui consumi finali al 2030 nel documento di novembre 2017 al 30% nel PNIEC).

Per quanto riguarda invece il target di rinnovabili elettriche al 2030, dal 55% della SEN si è passati al 55,4% del PNIEC. Pur essendo al di sotto delle aspettative – sulla base delle prime dichiarazioni del Governo ci si aspettava più ambizione – si tratta comunque di obiettivi che aprono significativi orizzonti di crescita per gli operatori di settore. Tuttavia, la traiettoria ipotizzata, che prevede un deciso incremento a partire dalla seconda metà del prossimo decennio, quasi certamente avrà un effetto negativo sulla ricerca e sullo sviluppo di una filiera industriale nazionale. Sia il comparto produttivo sia le attività di ricerca creerebbero infatti una maggiore crescita del PIL e dell’occupazione, di cui abbiamo un estremo bisogno, se si scegliesse un percorso di incremento lineare.

La recente pubblicazione del rapporto statistico del GSE sulle rinnovabili in Italia nel 2017 consente di fare il punto: la quota di consumi (termici, elettrici e trasporti) coperta da fonti rinnovabili ha raggiunto il 18,3% (+0,6% vs 2016); per il quarto anno consecutivo l’Italia è quindi al di sopra dell’obiettivo europeo complessivo fissato per il 2020 (17%). Lo stesso discorso vale per gli obiettivi settoriali su rinnovabili elettriche (34,1% a fronte di un target del 26,4%) e termiche (20,1% vs 17,1%), mentre nei trasporti il nostro Paese è in ritardo (6,5% vs 10%).

Anche se il traguardo del 2020 è stato tagliato con diversi anni di anticipo, la strada che porta al 2030 è ancora lunga e l’attuale vantaggio alla partenza potrebbe addirittura essere controproducente, generando un infondato ottimismo circa la capacità del settore di centrare gli obiettivi di lungo periodo stante l’attuale quadro normativo e regolatorio.

Occorre dunque mettere in campo il più rapidamente possibile misure e strumenti adeguati. Limitando l’analisi al settore elettrico, si dovrebbe in primo luogo procedere a una decisa semplificazione delle procedure autorizzative per l’installazione di nuovi impianti e per gli interventi di repowering di impianti già esistenti.

Al fine di favorire la crescita degli impianti utility-scale, andrebbero inoltre superati gli attuali vincoli allo sviluppo di nuova capacità fotovoltaica su superfici agricole improduttive o inutilizzate, fermo restando il rispetto di buone pratiche progettuali che limitino i possibili impatti su ambiente e territorio. Con lo stesso obiettivo, dovrebbe essere promossa la diffusione di meccanismi, come i contratti per la fornitura di energia rinnovabile (Power Purchase Agreement, PPA), in grado di fornire segnali di prezzo a lungo termine. In particolare, occorre definire un quadro legislativo e regolatorio stabile per lo sviluppo dei PPA e favorire l’aggregazione della domanda, composta in gran parte da piccole e medie imprese.

A livello di generazione distribuita, l’Italia dovrebbe recepire al più presto le disposizioni della nuova Direttiva Rinnovabili in tema di autoconsumo collettivo e di energy community, seguendo l’esempio di diversi paesi in Europa – Germania e Spagna in primis – che già hanno una normativa nazionale coerente con le linee guida europee.

Le nuove disposizioni non dovrebbero riguardare esclusivamente gli impianti in autoconsumo e le energy community alimentate da fonti rinnovabili, ma dovrebbero comprendere anche le configurazioni basate su sistemi di cogenerazione ad alto rendimento. Come sottolineato dalle università, associazioni e imprese che hanno firmato il position paper “La microcogenerazione: un futuro intelligente e sostenibile per l’energia”, in virtù dei numerosi vantaggi ambientali e di sistema questa tecnologia può dare un contributo strategico al raggiungimento degli obiettivi clima-energia al 2030.

Questo articolo è stato pubblicato su Nuova Energia, numero 1-2019.

Questo articolo ha 0 commenti

Lascia un commento

Back To Top