Aree Idonee
Il Decreto-Legge «Misure Urgenti in Materia di Piano Transizione 5.0 e Produzione di Energia da Fonti Rinnovabili», approvato dal Consiglio dei ministri il 21 novembre 2025, che contiene la nuova disciplina delle aree idonee alle rinnovabili desta forti preoccupazioni tra gli operatori del settore rinnovabili.
Drasticamente limitate le aree idonee, viene introdotto con un quadro persino più restrittivo di quello già previsto dal DM Aree Idonee del 21 giugno 2024, che era stato prima sospeso dal Consiglio di Stato e poi annullato dal TAR perché troppo restrittivo.
L’effetto combinato delle nuove norme – aggravato dalla loro applicazione retroattiva – rende di fatto non idonea la quasi totalità del territorio nazionale, bloccando non solo i progetti futuri ma anche quelli in iter autorizzativo.
In particolare, il nuovo Decreto Legge introduce due gravi criticità:
- l’estensione indiscriminata a qualunque bene oggetto di tutela culturale e paesaggistica della fascia di rispetto di 500 metri per il fotovoltaico e di 3 km per l’eolico, fascia di rispetto che invece prima era applicata solo ai beni oggetto di tutela culturale;
- ridimensionamento delle solar belt a 350 metri (prima era 500) e applicabilità solo se riferite a impianti e stabilimenti in possesso di una AIA, che di fatto rendono inutilizzabili le solar belt.
Il nuovo quadro normativo non è in linea con la Direttiva RED II e implica il rischio di procedura di infrazione europea. Inoltre, compromette il raggiungimento degli obiettivi del PNRR e della recente misura dell’Energy Release, che richiederebbero un’accelerazione delle rinnovabili anziché una brusca e inattesa frenata.
Per evitare tutto ciò e poter realizzare i progetti necessari a ridurre i costi dell’energia per le famiglie e le imprese, è necessario almeno che, in sede di conversione del decreto legge, sia prevista una norma di salvaguardia dei progetti già in sviluppo, come avvenuto nel 2024 con il DL Agricoltura (Decreto-legge n.63 del 15 maggio 2024). A tal proposito potrebbe essere utilizzato lo stesso testo:
“Le disposizioni non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all’ottenimento dei titoli per la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi.”
Nel merito dei contenuti, auspico si intervenga per ampliare le aree idonee. In tal senso, sarebbe sufficiente mantenere la disciplina attuale contenuta nel Decreto Legislativo 199/2021 di attuazione della RED II, assicurando così certezza e affidamento agli operatori che in questi anni hanno lavorato sulla base di questa disciplina.
In caso contrario, si perderà l’occasione per riparare ai danni provocati dal travagliato e lungo percorso normativo che in questi anni ha segnato i precedenti tentativi del Governo di dare una definizione delle aree idonee.
Il DM Aree Idonee, pubblicato nel 2024 con due anni di ritardo, avrebbe dovuto facilitare la diffusione degli impianti rinnovabili come previsto dalla Direttiva RED II. Al contrario, aveva introdotto criteri così restrittivi da rendere potenzialmente non idonea la quasi totalità del territorio nazionale, ponendo a rischio persino le aree già definite idonee dalla legge.
A causa di tali criticità, il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 4298 del 14 novembre 2024, ne aveva sospeso parzialmente l’efficacia, chiarendo che le Regioni non possono adottare misure più stringenti rispetto alle aree idonee individuate ex lege dall’art. 20 del D.Lgs. 199/2021.
Successivamente, il TAR Lazio – con la sentenza n. 9155 del 13 maggio 2025 – ha evidenziato ulteriori profili di illegittimità del decreto, censurando:
- l’eccesso di delega alle Regioni, cui veniva consentito di imporre fasce di rispetto fino a 7 km senza adeguate motivazioni ambientali;
- la mancanza di criteri omogenei e principi fondamentali, che generava disparità territoriali nella definizione delle aree idonee e non idonee;
- l’assenza di una disciplina transitoria, che aveva provocato sospensioni, incertezza e contenziosi, penalizzando iniziative già avviate.
Il TAR, nel disporre l’annullamento parziale del DM, aveva inoltre imposto al MASE e agli altri Ministeri competenti di riformulare entro 60 giorni i criteri da fornire alle Regioni, nel rispetto dei principi chiariti dalla sentenza.