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AAA, Offresi 500.000 Nuovi Posti Di Lavoro Nel Settore Elettrico Italiano

ESISTE UNA FILIERA NAZIONALE FATTA DI ECCELLENZE INDUSTRIALI CHE INVESTONO NELLA TRANSIZIONE ENERGETICA E CREANO OCCUPAZIONE: 500.000 POSTI DI LAVORO NEL SETTORE ELETTRICO E NELLA SUA FILIERA NEI PROSSIMI 8 ANNI

A settembre 2022 l’International Energy Agency
(IEA), l’Agenzia del settore più autorevole a livello globale, ha pubblicato la prima analisi dell’occupazione nel settore energia nel mondo in un contesto di emergenza energetica e transizione alle fonti rinnovabili.
Dal World Energy Employment Report emerge che gli occupati nell’energia sono in aumento, superando il livello pre-pandemia, adesso rappresentano circa il 2 per cento della forza lavoro totale globale. La crescita è dovuta all’aumento dei posti di lavoro nel settore delle rinnovabili, che ora rappresentano il 50 per cento degli occupati totali del settore energetico.
Stando alle previsioni della IEA, nel 2022 il settore energetico avrà la crescita occupazionale più rapida degli ultimi anni. L’aumento dell’inflazione e dei costi delle materie prime stanno già mettendo sotto pressione tutti i comparti energetici e molto probabilmente assisteremo a un cambiamento delle catene di approvvigionamento energetico globale.
Nonostante questi fattori, le rinnovabili continuano ad essere le fonti più competitive a livello globale, attirando la quota maggiore dei nuovi investimenti energetici. Infatti, in tutti gli scenari IEA, l’occupazione nell’energia pulita è destinata a crescere, superando il calo dei posti di lavoro nel settore dei fossili.
I nuovi posti di lavoro richiedono nuove competenze. La formazione professionale e l’innovazione delle capacità dovrebbero stare al centro delle politiche occupazionali affinché la transizione energetica possa creare benefici per il maggior numero possibile di persone.
Per i Governi si aprono notevoli opportunità per lo sviluppo dell’occupazione nazionale.

Come ha ricordato Fatih Birol, Direttore Esecutivo della IEA, i Paesi di tutto il mondo stanno rispondendo all’attuale emergenza energetica accelerando la crescita delle industrie nazionali delle rinnovabili. Così facendo, vedranno un’enorme crescita di posti di lavoro qualificati.
Per concretizzare queste opportunità, l’Agenzia Internazionale per l’Energia raccomanda a Governi, imprese e Istituzioni di lavorare insieme per coltivare le nuove competenze e garantire che i posti di lavoro creati siano di qualità.
Sempre a settembre 2022 è stato pubblicato un altro studio sull’occupazione nel settore energetico, con un focus sulle rinnovabili a livello globale. È l’aggiornamento annuale del Renewable energy and jobs, il report dell’International Renewable Energy

Agency (IRENA) condotto in collaborazione con l’International Labour Organization (ILO).
Anche questo studio conferma che l’occupazione creata dalle energie green continua a crescere in tutto il mondo (Figura 1). Nel 2021 quasi 13 milioni di persone risultavano impiegate, direttamente o indirettamente, nel settore delle rinnovabili, rispetto ai 12 milioni di posti di lavoro registrati nel 2020. Il fotovoltaico è il settore industriale più dinamico del comparto e impiega un terzo di questi posti di lavoro.
Un altro messaggio comune ai due studi è l’importanza di porre la transizione energetica al centro delle strategie per rispondere alla duplice emergenza, energetica e climatica, e la raccomandazione ai Governi di promuovere l’occupazione nel settore delle rinnovabili in un più ampio quadro politico che comprenda misure per lo sviluppo della filiera industriale, l’istruzione e la formazione professionale, per il mercato del lavoro e per il rilancio dell’occupazione a livello regionale.
In Italia, grazie alla transizione energetica possiamo creare quasi 500.000 nuovi posti di lavoro nel settore elettrico e nella sua filiera entro i prossimi 8 anni. È il beneficio per l’occupazione dato dal raggiungimento del target di 85 GW di rinnovabili previsto dal Piano 2030 di sviluppo del settore elettrico presentato a giugno scorso all’Assemblea pubblica di Elettricità Futura.
Insieme al Piano 2030 è stato lanciato in anteprima lo studio La filiera italiana delle tecnologie per le energie rinnovabili e smart verso il 2030 condotto da Althesys con il contributo scientifico di Enel Foundation.

L’analisi approfondisce la filiera tecnologica italiana dei comparti generazione elettrica rinnovabile, infrastrutture per la flessibilità, elettrificazione e digitalizzazione, valuta gli sviluppi della filiera alla
luce degli scenari europei, e stima i per l’economia e l’occupazione e politiche per favorirne la crescita.
Tra le azioni che lo studio raccomanda per consolidare un’efficace strategia nazionale per lo sviluppo della filiera industriale rientrano l’elettrificazione dei consumi, la digitalizzazione del sistema energetico e della Pubblica Amministrazione, la circolarità vista in sinergia con la transizione energetica e la riqualificazione professionale, intesa come la riconversione e l’innovazione di capacità e competenze dei lavoratori.
Già oggi esiste una filiera nazionale fatta di eccellenze industriali che investono nella transizione energetica e creano posti di lavoro.
Per crescere, queste imprese aspettano solo che le rinnovabili vengano liberate dall’eccesso di procedure burocratiche che da almeno un decennio ne hanno frenato lo sviluppo.
Infatti, secondo lo studio Althesys – Enel Foundation, il primo requisito per sviluppare la filiera nazionale delle industrie legate alla transizione energetica è disporre
di sistemi autorizzativi e di governance snelli, semplici, veloci. È il presupposto più importante, perché ci sono centinaia di progetti rinnovabili fermi in attesa di autorizzazione a causa dell’eccesso di burocrazia. E quel che è peggio è che la metà di questi non riceverà mai l’ok per essere realizzato, perché è ancora troppo diffuso il diniego alle richieste di nuovi impianti sul territorio.

I no ai nuovi impianti rinnovabili non bloccano solo la possibilità di produrre elettricità a basso costo e in poco tempo, ma anche lo sviluppo dell’occupazione. I ritardi autorizzativi tengono le imprese in standby anche per sette-otto anni, ben sei anni in più dei limiti previsti dalla normativa italiana.
Gli anni passano, e nel frattempo paghiamo carissima l’energia, i nuovi investimenti sui territori non partono, e non si creano nuovi posti di lavoro qualificati nel settore elettrico.
Si tratta di nuova occupazione in Italia, nuovo gettito fiscale per il nostro Stato, nuova ricchezza per l’economia nazionale.
È bene ribadirlo, perché persiste ancora il falso mito che gli investimenti nella transizione vadano a beneficio di altri Paesi, in primis la Cina. Mentre, incredibilmente, continuiamo a pagare (carissimi) i fossili che importiamo, aumentando la nostra dipendenza energetica e le emissioni di CO2.
La filiera italiana delle industrie per la transizione energetica è fatta di realtà che eccellono a livello mondiale per innovazione tecnologica, qualità delle competenze e rispetto dei diritti dei lavoratori. Elettricità Futura rappresenta oltre 500 di queste imprese, realtà grandi e piccole che sono pronte a creare 200.000 nuovi posti di lavoro entro il 2025 e benefici per l’economia italiana pari a quasi 40 miliardi di euro all’anno, tagliando i costi dell’energia e le emissioni di CO2.
Secondo un’analisi del Gruppo Intesa San Paolo che analizza la filiera delle imprese italiane che producono componentistica per la produzione di energia da
fonte rinnovabile, l’Italia con il 3 per cento dell’export mondiale è il sesto paese esportatore di tecnologie rinnovabili nel mondo, e sale al quarto posto nei moltiplicatori di velocità nelle turbine eoliche, comparto nel quale detiene un forte livello di specializzazione.

Negli ultimi cinque anni l’Italia ha esportato tecnologie rinnovabili per un valore pari a circa
5 miliardi di euro, e negli ultimi 10 anni il saldo commerciale import-export di componentistica per le rinnovabili è stato sempre positivo.
È ormai un fatto consolidato che i settori della green economy siano più resilienti a shock esterni rispetto agli altri comparti che meno investono nella sostenibilità o nella riconversione green del loro business.
Durante i periodi di lockdown conseguenti alla pandemia Covid, il totale del comparto manufatturiero italiano ha perso il 10 per cento delle esportazioni. Il settore nazionale della componentistica per le rinnovabili ha perso poco più del 2 per cento dell’export.
Potremmo fare meglio all’estero, ma dove dobbiamo davvero fare di più anche in Italia, valorizzando le nostre industrie: basterebbe metterle condizione di programmare gli investimenti offrendo loro una certezza delle tempistiche per autorizzare gli impianti.
Chi pianifica un investimento ha bisogno di programmazione, di certezza delle tempistiche, condizioni necessarie che nel nostro Paese vengono meno a causa della burocrazia autorizzativa. L’impianto di produzione di tecnologie per l’eolico di Vestas esporta in 87 Paesi ma ha ancora pochi ordini per progetti da realizzare in Italia, proprio a causa del collo di bottiglia delle autorizzazioni. Stiamo parlando di una fabbrica che in Italia dà lavoro a 1.300 persone, tra diretti e indiretti. Anche l’impresa italiana Convert progetta e installa in tutto il mondo una tecnologia innovativa, al 100 per cento made in Italy e realizzata da una filiera di sei aziende nazionali, che permette ai pannelli fotovoltaici di ruotare e inseguire il sole.
A Catania sono nati i pannelli solari bifacciali ed Enel sta potenziando la propria fabbrica di moduli fotovoltaici che a breve diventerà la più grande gigafactory d’Europa e arriverà a produrre 15.000 pannelli al giorno: si tratta di moduli sostenibili, tracciabili, prodotti nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori e dei principi dell’economia circolare.
L’industria nazionale della transizione energetica esiste, è competitiva ed è pronta ad investire per rilanciare l’occupazione in Italia.
Per rafforzare la capacità produttiva nazionale di tecnologie per la transizione energetica serve anche un cambio di mentalità a tutti i livelli di governance.
Bisognerà lavorare 10 volte tanto per autorizzare i nuovi progetti energetici, come peraltro già previsto dagli obiettivi nazionali di decarbonizzazione.
È da questo cambio di marcia che dipende la possibilità di dare ai cittadini italiani più elettricità a basso costo e più posti di lavoro qualificati.

Questo articolo è stato pubblicato nella Rivista Nuova Energia numero di ottobre 2022.

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