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Decreto Biometano, Rischio Paralisi Per Il Settore Rifiuti

La transizione ecologica è una sfida esistenziale, l’Italia deve cogliere l’opportunità. Ampliamo la capacità di produrre energia rinnovabile, dall’agrovoltaico al biometano”. Rispetto alle dichiarazioni del presidente Mario Draghi e agli obiettivi di decarbonizzazione e di economia circolare dell’Italia e dell’Europa, l’attuale bozza del Decreto biometano va in direzione totalmente opposta perché bloccherà gli investimenti già avviati dagli operatori, in molti casi anche in partenariato con la Pubblica Amministrazione.

Nel nostro Paese il contributo del biometano ai consumi di gas – che ammontano a circa 70 miliardi di metri cubi l’anno – è circa 0,7 miliardi di metri cubi, meno dell’1 per cento. Il Pnrr stanzia quasi 2 miliardi di euro per lo sviluppo della produzione di biometano; fondi che, insieme agli investimenti privati, dovrebbero permettere un progressivo greening della rete gas, sino a portare la quota di biometano a 10 miliardi di metri cubi nel 2030, che rappresenterebbe il 16 per cento del consumo complessivo annuale di gas (ipotizzato pari a 63 miliardi di metri cubi).

Anche nel settore elettrico il contributo dei gas rinnovabili è previsto in crescita. A livello comunitario, il biogas genera oggi 167 TWh di energia elettrica, il biometano 26 TWh. Secondo l’European Biogas Association, queste due fonti insieme raddoppieranno la loro produzione al 2030 e la moltiplicheranno per 4 entro il 2050.

In base alle nuove direttive europee sull’economia circolare in materia di rifiuti urbani, l’Italia dovrà ridurre il conferimento in discarica al di sotto del 10 per cento del totale prodotto e raggiungere un tasso di riciclo effettivo del 65 per cento entro il 2035.

Secondo il Position Paper realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con A2A, nel 2019 il tasso di conferimento in discarica dell’Italia è stato del 20,9 per cento, una percentuale 30 volte più alta rispetto a Svizzera, Svezia, Germania, Belgio e Danimarca.

Nei prossimi tre anni l’Italia esaurirà la capacità residua delle discariche. Rispetto alle prescrizioni del Circular Economy Action Plan europeo, siamo su una pessima strada. Per centrare gli obiettivi europei di circolarità dei rifiuti, serviranno circa 4,5 miliardi di euro per realizzare nuovi impianti, investimenti che il settore privato è pronto ad avviare.

Per rispettare l’obiettivo europeo di riciclo effettivo del 65 per cento al 2035, l’Italia dovrà raccogliere e trattare una percentuale della Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano (FORSU) che si avvicina al 100 per cento!

Gli impianti di biometano che la bozza di Decreto affosserebbe sono proprio quelle infrastrutture che servono (e che mancano) in Italia per trasformare questi rifiuti in energia rinnovabile recuperando anche materia.

Le imprese italiane del biometano danno vita a un tessuto produttivo innovativo di bioeconomia. Si tratta di un comparto strategico in cui l’Italia vanta eccellenze a livello mondiale, in termini di competenze e tecnologie, e che potrebbe venir stroncato dall’attuale versione del Decreto biometano.
A peggiorare saranno anche il già grave deficit impiantistico per il trattamento dei rifiuti e la disomogeneità territoriale: quasi tutti gli impianti esistenti sono dislocati al Nord e i nuovi che il Decreto impedisce di realizzare dovrebbero essere allocati per l’80 per cento al Centro-Sud.

Oltre a ridurre il ricorso alla discarica, colmare il gap impiantistico per il trattamento della frazione organica e il recupero energetico potrebbe generare in Italia vantaggi economici pari a quasi 12 miliardi di euro, e una riduzione di quasi 4 milioni di tonnellate di CO2.

Nella lettera inviata al ministro Cingolani sono indicati gli aspetti del Decreto sui quali è necessario intervenire con urgenza, per promuovere il biometano e garantire la sostenibilità economica sia delle opere già realizzate, sia dei nuovi investimenti avviati, programmati o ancora da programmare.

  1. Per non bloccare la realizzazione delle iniziative già in sviluppo è necessario che agli impianti, che alla data
    del 31 dicembre 2022 siano in costruzione o siano oggetto di concessioni pubbliche o altre forme di partenariato pubblico-privato, sia consentito di mantenere l’attuale regime di incentivazione di cui al DM 2 marzo 2018 oggi vigente, con l’obbligo di entrare in esercizio entro il 30 giugno 2026, prevedendo un raccordo con il nuovo meccanismo di supporto successivamente al decimo anno dall’entrata in esercizio. Ciò anche per garantire continuità all’intero settore produttivo dei biocarburanti avanzati, atteso che gli obiettivi sottostanti l’attuale regime di sostegno sono stati solo parzialmente raggiunti. Un processo di notifica si renderebbe necessario solo dopo il 2023, essendo stato prorogato il Regolamento UE GBER fino al 31/12/2023.
  1. Il nuovo regime dovrebbe prevedere un’adeguata tariffa per gli impianti di biometano da FORSU, collocata nel range 80-120 euro/MWh in funzione della capacità dell’impianto, del fatto che esso sia di nuova realizzazione o il risultato di una riconversione. Dovrebbe inoltre essere confermata l’applicabilità dell’incentivo anche alla quota di biometano destinato all’autoproduzione di energia necessaria agli impianti. Solo così sarà possibile garantire lo sviluppo del biometano da FORSU, evitando l’ennesimo blocco del settore, di grandissimo impatto per stakeholder pubblici e privati.
  1. Il contributo in conto capitale degli investimenti dovrebbe essere innalzato al 40 per cento, includendo tra le spese ammissibili anche gli impianti e le apparecchiature necessari alla fase di chiusura del ciclo dell’organico, ossia per la fase di compostaggio o trasformazione del digestato, affinché la percentuale del contributo stesso non sia solo nominale.
  1. Il termine di 18 mesi previsto dal nuovo schema di decreto per l’entrata in esercizio degli impianti dovrebbe essere esteso almeno a 36, salvo ritardi dovuti a ricorsi o a sospensioni dei lavori imputabili a terzi, in linea con i tempi medi di costruzione di un impianto di biometano da FORSU, nonché con i tempi necessari per i collaudi, l’avvio del processo di digestione anaerobica e la connessione alla rete di trasporto e distribuzione del gas.
  1. In coerenza con il decreto di recepimento della direttiva RED II, lo schema di decreto deve disciplinare la produzione di biometano da fonti quali il biogas da discarica e le riconversioni di impianti di biogas da digestione anaerobica da FORSU esistenti. Queste casistiche risultano escluse dagli allegati 1 e 2 dello schema di decreto, ovvero dalle tabelle con i costi specifici di investimento massimo ammissibile e le tariffe di riferimento per gli interventi di realizzazione degli impianti. È pertanto necessario ovviare a questa limitazione.
  1. Infine è necessario ripristinare i contributi a fondo perduto di cui al DM 2 marzo 2018 oggi vigente per la produzione di biometano liquefatto (BML), che possono avere un ruolo molto importante nella decarbonizzazione del segmento trasporti.

 

Questo articolo è stato pubblicato su Nuova Energia, numero 5-2021

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