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Diamo Il “VIA” Definitivo Alla Transizione Energetica

di Agostino Re Rebaudengo, Presidente Elettricità Futura

Per farlo, è necessario trasformare l’autorizzazione VIA in un “Provvedimento Unico Nazionale”, introdurre il Testo Unico per le Autorizzazioni e garantire che le risorse pagate dalle imprese per ottenere la VIA vadano effettivamente a finanziare il lavoro della Commissione VIA-VAS.

L’inizio di un nuovo anno è anche il momento dei buoni propositi.

Il 2024 inizia all’insegna di una forte instabilità del contesto geopolitico, un’eredità del 2023 e del 2022 che ha visto aggiungersi all’aggressione della Russia contro l’Ucraina anche lo scoppio del conflitto in Medio Oriente, e che adesso vede inasprirsi anche le tensioni nel Mar Rosso.

Tragiche le conseguenze di questi conflitti sulle vite umane, e l’unica altra certezza che abbiamo è l’incertezza, intesa come l’imprevedibilità della misura in cui gli elementi di rischio – per le persone, le imprese, la sicurezza energetica dei Paesi – possano evolversi, inclusa l’emergenza climatica.

Un buon proposito che si rispetti ha a monte un bilancio della situazione, provo a tirare le somme del 2023, almeno da alcuni punti di vista.

Ci lasciamo alle spalle un anno di record negativi del clima. Con un aumento della temperatura di +1,48 °C oltre i livelli preindustriali, il 2023 è stato di gran lunga l’anno più caldo sulla Terra nell’ultimo secolo e mezzo.

Secondo Legambiente, il nostro Paese è stato colpito da 378 eventi climatici estremi nel 2023, più di uno al giorno. Rispetto al 2022 si è registrato un aumento del 22% di questi fenomeni, significa che il cambiamento climatico corre sempre più veloce.

Il 2023 ha ci lasciato anche fattori positivi. A COP 28 per la prima volta è stata messa nero su bianco la fuoriuscita dalle fonti fossili, ed è importante che l’accordo finale abbia specificato che è nei prossimi dieci anni che bisogna accelerare. A Dubai molte imprese del settore oil & gas hanno sottoscritto l’accordo per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.

Altro buon impegno è quello sottoscritto alla COP 28 da oltre 100 Paesi, tra cui l’Italia, che si sono impegnati a triplicare la capacità di energie rinnovabili al 2030.

Secondo i dati IRENA, che già prima di COP 28 abbiamo mostrato all’Assemblea Pubblica 2023 di Elettricità Futura, è tecnicamente fattibile ed economicamente sostenibile passare dagli attuali 300 GW/anno di nuove rinnovabili nel mondo a 1.000 GW/anno entro il 2030.

Anche lo studio IEA Renewables 2023 pubblicato lo scorso 11 gennaio, dice che triplicare le rinnovabili al 2030 è alla nostra portata, ma servono sforzi aggiuntivi. IEA mostra che – con le politiche e le condizioni di mercato attuali – la potenza rinnovabile globale è sulla buona strada per aumentare di due volte e mezzo entro il 2030.

Per l’obiettivo COP 28 di triplicare le rinnovabili, nelle economie avanzate (Paesi come l’Italia e l’Europa) è necessario rimuovere le barriere amministrative, colmare i ritardi nelle autorizzazioni e sviluppare le infrastrutture di rete.

Triplicare le rinnovabili, soprattutto per l’Italia, è una necessità non soltanto per il clima, è questione di sicurezza nazionale. La priorità è aumentare l’indipendenza energetica.

La crisi nel Mar Rosso inizia ad impattare sull’energia, mettendo a rischio le forniture di combustibili fossili che arrivano via nave verso l’Italia e l’Europa, ad esempio il Qatar ha fermato l’invio di alcune metaniere.

Attualmente (scrivo nell’ultima decina di giorni di gennaio) i prezzi dei fossili sui mercati non riflettono questo allarme, ma il rischio c’è.

Ci auguriamo non accada un’impennata dei prezzi, ma è un ulteriore elemento di incertezza che prova la necessità di accelerare la produzione di energia made in Italy e sviluppare la filiera industriale della transizione, così da renderci più indipendenti anche nella produzione delle tecnologie che consentono di tagliare i costi dell’energia. Ne abbiamo bisogno ora più che mai.

La crisi nel mar Rosso potrebbe costare cara alle imprese italiane. Secondo Intesa Sanpaolo e come riporta il Corriere della Sera, fino a qualche settimana fa attraverso gli stretti di Suez e di Bab el-Mandeb nel Mar Rosso transitava il 40% del commercio marittimo italiano.

È facile capire l’entità dell’esposizione al rischio dell’Italia, una dinamica che sfugge al nostro controllo e che rende più urgente facilitare la vita alle imprese agendo sulle variabili che rientrano nel nostro margine di azione, tipo tagliare i costi dell’energia.

Le energie che costano meno sono le rinnovabili, le uniche che possediamo in abbondanza in Italia.

Attualmente le rinnovabili sono ferme al 45% del mix elettrico e in un solo anno, il 2022, hanno fatto risparmiare all’Italia 25 miliardi grazie alle minori importazioni di combustibili fossili.

Elettricità Futura ha elaborato il Piano elettrico 2030 che prevede di arrivare all’84% di rinnovabili nel mix elettrico nazionale al 2030.

Raggiungere questo target permetterebbe notevoli risparmi all’Italia. Siamo sulla buona strada per l’obiettivo al 2030? No.

Tornando ai bilanci, il 2023 si chiude con circa 6 GW di nuova potenza rinnovabile installata in Italia, di cui oltre 4 GW di impianti sotto 1 MW. Invece, dovremmo installare 10-12 GW all’anno e la maggior parte di questi dovrebbero essere grandi impianti, quelli che riducono i costi. L’elettricità prodotta con gli impianti fotovoltaici utility scale costa un terzo dell’elettricità generata dagli impianti fotovoltaici residenziali sui tetti.

Abbiamo tutte le competenze industriali per fare 12 GW all’anno di rinnovabili, il settore elettrico intende investire oltre 320 miliardi per raggiungere il target al 2030, che inoltre permetterebbe di creare più di mezzo milione di nuovi posti di lavoro in Italia.

Perché non lo facciamo allora? Perché non arrivano le autorizzazioni!

Il problema è che l’attuale configurazione decisionale in materia di progetti del settore elettrico non funziona, perché è articolata in una lunga e confusa compagine di responsabilità che coinvolge un’ampia platea di soggetti chiamati ad esprimersi e a decidere.

Dopo aver ottenuto la VIA nazionale, i progetti si fermano quando arrivano a livello regionale.

Tempi e procedure autorizzative variano da Regione a Regione, sebbene siano figli delle stesse norme la cui interpretazione, peraltro, può alla fine portare a dare un ok oppure (nella maggior parte dei casi) un diniego a un progetto in base alla discrezionalità del funzionario.

Ne risulta che gran parte delle richieste di autorizzazione non si trasforma in un impianto realizzato, e quelle che ci riescono impiegano in media 6 anni, mentre la legge – nazionale ed europea – prevede una tempistica di massimo un anno.

Per dipanare la matassa, bisognerebbe introdurre il “Provvedimento Unico Nazionale” per gli impianti che già oggi accedono alla VIA nazionale, individuando nel MASE l’Autorità responsabile dell’intero procedimento autorizzativo.

Il MASE diventerebbe il responsabile di un procedimento in Conferenza di servizi nel quale, oltre alla VIA, confluirebbero tutte le autorizzazioni necessarie per la realizzazione degli impianti, tra le quali l’Autorizzazione Unica (AU).

Come effetto di questa nuova previsione, vi sarebbe necessario il rafforzamento della Commissione VIA-VAS, anche in termine della rappresentatività delle Regioni.

È bene ricordare che le imprese pagano un contributo per ogni istanza di VIA dei progetti che presentano. Ovvero, il rilascio di una autorizzazione VIA non è un servizio a carico di tutti i contribuenti, ma solo delle imprese che ne fanno richiesta. Nel 2023 le imprese hanno versato circa 40 milioni di euro, risorse finalizzate esclusivamente a finanziare il funzionamento della Commissione VIA.

È di primaria importanza garantire che questi costi a carico degli operatori vadano effettivamente e in toto a sostenere il grande lavoro della Commissione VIA che sta portando buoni risultati e che sta anche dimostrando impegno a rendersi sempre più moderna ed efficiente.

Ad esempio, la Commissione sta lavorando per digitalizzare, in tempi brevi, l’intero procedimento di VIA. Una VIA digitale dall’inizio alla fine significa una notevole riduzione dei tempi per arrivare al parere finale, anche grazie a una interazione più semplice e immediata tra le imprese e i funzionari.

Insieme al Provvedimento Unico Nazionale, c’è un altro buon proposito da attuare nel 2024, il prima possibile direi, per risolvere in modo efficace e definitivo il nodo delle autorizzazioni.

Il Governo ha avviato numerosi interventi di semplificazione della burocrazia attraverso altrettanti atti normativi, il che ha portato ad un quadro frammentato che, a volte, anziché semplificare aumenta la complessità degli iter da seguire.

È importante quindi procedere con un riordino organico della materia e dare attuazione alle misure avviate.

Per farlo, la soluzione è realizzare un Testo Unico per le autorizzazioni degli impianti di produzione, stoccaggio e distribuzione dell’energia elettrica, in ottica di semplificazione e uniformità dei procedimenti, così da ridurre le tempistiche e renderle certe, due requisiti fondamentali per il successo degli obiettivi nazionali al 2030.

Questo articolo è stato pubblicato su Nuova Energia – gennaio 2024

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