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Rinnovabili In Italia, Ultima Chiamata

Così l’autorevole Politecnico di Milano ha sottotitolato il nuovo Renewable Energy Report 2023

Sicurezza economica, energetica e climatica: sono priorità in cima alle agende di tutti i Governi e, è ormai assodato, sono anche dimensioni indissolubilmente collegate che richiedono azioni sinergiche e tutte indirizzate ad accelerare la decarbonizzazione.

Viviamo tempi in cui si potrebbe sostituire il termine “Sicurezza”, nelle accezioni appena richiamate, con la parola “Emergenza”, e il concetto resterebbe valido, soprattutto nel nostro Paese.

A cambiare, è l’urgenza di agire per mettere in atto soluzioni basate su una Visione di un’Italia davvero sicura, con un’economia competitiva, energeticamente indipendente e in condizioni climatiche che garantiscano la qualità della vita e il benessere dei cittadini e la tutela dell’ambiente e dei territori.

Ad una Visione chiara deve corrispondere un Progetto – Paese, una Strategia sostanziata da efficaci Piani d’azione per raggiungere gli obiettivi condivisi a livello nazionale e coerenti con gli orizzonti stabiliti dall’Unione europea.

L’Italia, come gli altri Stati europei, ha diversi strumenti per farlo.

Tra i principali, uno è certamente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il documento di programmazione che l’Italia ha redatto per accedere ai fondi europei previsti dal programma Next Generation EU – Recovery Plan.

Si tratta di un Piano multidimensionale finalizzato a modernizzare l’Italia, a renderla più efficiente e sostenibile, da tutti i punti di vista.

Strettamente collegato al PNRR, è il Piano Nazionale Energia e Clima, (PNIEC), con cui i singoli Stati membri tracciano la rotta a livello nazionale per contribuire agli obiettivi climatici ed energetici dell’Unione europea.

Entrambi questi strumenti devono quindi essere aggiornati ed allineati in base agli sviluppi normativi della decarbonizzazione in Europa.

Scrivo questo articolo intorno alla metà del mese di maggio.

Attualmente il PNIEC dell’Italia risale al 2019, un’era energetica e climatica fa.

Nel frattempo, l’Europa ha più volte alzato l’asticella degli obiettivi rinnovabili, con il Green Deal prima, con il Fit for 55 dopo, e ora con il nuovo orizzonte del REPowerEU.

Auspicabilmente, quando leggerete questo articolo, sarà già noto l’aggiornamento del PNIEC italiano, promesso dal MASE entro la fine del mese di giugno 2023.

L’obiettivo rinnovabili per il settore elettrico da includere nel nuovo PNIEC, come più volte annunciato anche dal Ministro Pichetto, è di almeno 80 nuovi GW entro il 2030.

Questo target è quello previsto dal Piano 2030 di sviluppo del settore elettrico elaborato da Elettricità Futura in coerenza con i nuovi orizzonti europei del REPowerEU.

La Visione delle Istituzioni e delle Imprese del settore elettrico è quindi allineata verso un comune obiettivo.

Il Piano 2030 del settore elettrico è un percorso di decarbonizzazione, indipendenza e sicurezza energetica: tra il 2022 e il 2030, l’orizzonte del Piano, prevede di installare 85 GW di rinnovabili, portando all’84% le rinnovabili nel mix elettrico e riducendo del 75% le emissioni di CO2 del settore elettrico nel 2030 (rispetto al 1990).

Il Piano 2030 del settore elettrico è anche una strategia di rilancio dell’industria e della competitività nazionale che prevede oltre 360 miliardi di euro di benefici economici, in termini di valore aggiunto per filiera e indotto, e 540.000 nuovi posti di lavoro nel settore elettrico e nella sua filiera industriale nel 2030, che si aggiungeranno ai circa 120.000 di oggi.

Nel 2022 in Italia sono stati installati impianti rinnovabili per un totale di 3 GW.

Per realizzare il Piano del settore elettrico è necessario, quindi, installare poco più di 80 GW di nuovi impianti rinnovabili nei prossimi 8 anni.

In più occasioni il Ministro Pichetto Fratin ha ribadito la necessità di superare dal 2023 i 10 GW di impianti rinnovabili installati all’anno.

Serve una decisa accelerazione della transizione energetica in Italia rispetto a quanto fatto negli ultimi anni.

Siamo all’ultima chiamata per le rinnovabili nel nostro Paese, come sostiene autorevolmente il nuovo Renewable Energy Report, lo studio condotto dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano e presentato a maggio 2023.

Davvero serve un cambio di passo se da 3 GW all’anno dobbiamo arrivare a oltre 10 GW di rinnovabili installate, come indica il Piano di Elettricità Futura!

Secondo il Politecnico di Milano non solo il ritmo dell’Italia in termini di nuove installazioni rinnovabili è largamente inferiore a quanto necessario per raggiungere gli obiettivi al 2030 ma è anche lontano dai risultati ottenuti nel resto d’Europa.

Nel Report si legge che mentre nel 2022 l’Italia ha installato 3 GW di rinnovabili, la Germania ne ha aggiunto quasi 11 GW, la Spagna quasi 6 e la Francia 5 GW.

E non è solo un problema di numeri nel nostro Paese, ma anche di taglia.

Circa la metà della nuova potenza rinnovabile installata nel 2022 consiste in impianti fotovoltaici di piccola taglia. Solo 6 impianti fotovoltaici realizzati nel 2022 hanno una taglia superiore ai 10 MW, cioè mancano proprio gli impianti utility scale che servono per raggiungere il target al 2030.

Perché non riusciamo a fare gli impianti che servirebbero all’Italia nonostante le imprese siano pronte a investire?

Mancano le autorizzazioni, e le poche che arrivano impiegano anche 6 anni oltre i limiti di legge.

In fatto di burocrazia autorizzativa per le rinnovabili, l’Italia viaggia a due velocità: finalmente si muove qualcosa a livello centrale ma è tutto fermo a livello delle Regioni e degli Enti locali.

Il Governo ha avviato numerose semplificazioni e potenziato le Commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC, ma non ancora abbastanza.

Sarebbe infatti necessario: rafforzare ulteriormente l’organico e introdurre il Provvedimento Unico Nazionale per gli impianti soggetti a VIA nazionale e attuativi del PNIEC, individuando nel MASE l’Autorità responsabile dell’intero procedimento autorizzativo.

Attualmente, invece, l’autorizzazione a livello nazionale, la VIA, è uno dei primi step autorizzativi. Dopo averla ottenuta, i progetti arrivano alle Regioni e ai Comuni e accade ancora troppo spesso di venir rimpallati “come i furbetti della VIA nazionale”.

Anche secondo il Politecnico di Milano, una delle più prestigiose Università nazionali, “le semplificazioni apportate a livello nazionale non sono state seguite di pari passo da un aggiornamento della normativa regionale.”

Il risultato è un corto circuito che porta allo stallo.

Elettricità Futura ha rivolto diversi Appelli formali ai Presidenti delle Regioni e ai Sindaci dei Comuni d’Italia, spiegando i benefici dati dalla diffusione delle rinnovabili per lo sviluppo sostenibile dei territori, per tagliare i costi per le imprese, per creare nuova occupazione.

Non possiamo continuare così a perder tempo per lungaggini burocratiche e opposizioni medioevali, altro che modernizzazione del Paese!

Ci sono tasselli importantissimi da definire per la transizione energetica.

Rendere più efficaci i meccanismi delle aste ad esempio, tenendo conto delle differenze, in termini di producibilità degli impianti e quindi sostenibilità economica dei nuovi progetti tra Nord, Centro e Sud.

C’è una filiera industriale dei sistemi di accumulo da sviluppare. Più tempo perdiamo, più difficoltà avrà l’Italia ad avere un solido posizionamento di mercato e una supply chain competitiva.

C’è la partita delle materie prime strategiche per la transizione energetica, una questione delicatissima che ridisegnerà gli equilibri geopolitici.  

L’innovazione tecnologica corre verso una direzione che è ben chiara e condivisa dall’Europa, da questo Governo e dalle imprese della filiera elettrica italiana.

Auspico vivamente che tutti i livelli di governance sentano forte il dovere di servire il Paese, dimostrino con i fatti di condividere la Visione di un Progetto Italia davvero moderno ed efficiente.

Questo articolo è stato pubblicato nella Rivista Nuova Energia – 28 giugno 2023.

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